NON DIMENTICARE
«Guarda gli aerei...», poi la bomba sulla casa
Valeria Colombo ricorda il bombardamento che uccise la sua famiglia ottant’anni fa, accanto al deposito della ferrovia, il vero bersaglio
La zia era in cortile, stava andando al lavoro. Ha fatto in tempo a dire: «Guarda gli aerei». Giorgio Magnaghi è troppo giovane per avere memoria diretta di quello che è accaduto, ma ricorda i racconti dei familiari. Erano le 7.20 del mattino del 21 marzo del 1945 e sua zia Valeria Ferè, che allora aveva solo 19 anni ed era cresciuta giocando a basket nella squadra cittadina, insieme al padre Giuseppe, nonno di Giorgio, fu tra le sette vittime del bombardamento che ottant’anni fa colpì Gallarate e distrusse una parte di via Pasubio, proprio accanto al deposito della ferrovia. Una casa andò distrutta e altri due edifici furono gravemente danneggiati.
«Una bomba, anziché finire sul deposito, finì sulle case», racconta la cugina di Magnaghi, Valeria Giuseppina Colombo, che è nata due anni dopo il disastro e porta nel nome il ricordo dei suoi cari rimasti sotto le macerie. «Chi bisogna ringraziare per quello che è successo? Dopo ottant’anni - dice la donna - vedere ancora guerre in televisione fa impressione. Quando vedo le immagini di Gaza o del Donbass penso a mia madre e a quello che è successo alla sua famiglia».
LE PAGINE DI PREALPINA
A pochi giorni dalla ricorrenza del bombardamento che ha segnato la storia di Gallarate, sul tavolo della cucina di casa Colombo ci sono i ritagli della Prealpina del 1945. «Insieme ai nostri parenti sono morti un papà con le due figlie piccole e altre due persone», ricordano i discendenti della famiglia Ferè. Quindici i feriti. «Mia madre restò in ospedale a lungo, le dissero che non avrebbe potuto avere figli e invece poi ne ha avuti due», ricorda Giorgio. «La mia - prosegue Valeria - era già sposata, per questo non si trovava in via Pasubio. Mio fratello era piccolo e la zia Valeria andava spesso a trovarlo ma quella mattina si era attardata».
PER NON DIMENTICARE
Le testimonianze dirette di coloro che hanno sperimentato la guerra sulla propria pelle sono ormai andate perdute quasi del tutto. Pochi sono ancora in vita per raccontare. Per questo Valeria Colombo e suo cugino Giorgio hanno deciso di tirare fuori dal cassetto le vecchie fotografie e impedire che quella pagina di storia vada dimenticata. «Di mio nonno mi resta questo ricordo», dice Valeria mostrando una scarpetta metallica che il padre di sua madre aveva modellato di persona. «I funerali allora vennero organizzati con una grande cerimonia. Partirono da piazza Garibaldi, dove allora c’era la Casa del Fascio, e arrivarono a Madonna in Campagna». Le salme, poi, vennero tumulate all’interno del cimitero di viale Milano, dove ancora si trovano. Nel 1975, in occasione del trentesimo anniversario del bombardamento, il parroco che a quel tempo guidava la parrocchia di Madonna in campagna, don Antonio Paganini, organizzò un momento solenne di suffragio e di «implorazione perché la pace sia assicurata all’umanità». Anche quelle parole oggi restano custodite a casa di Valeria Colombo e suonano quanto mai attuali.
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