LA MOSTRA
La stanza delle meraviglie

Una storia romanzesca (e tragica) ha come protagonista il dipinto «La Tinca» di Filippo De Pisis (1896-1956), pittore e poeta ferrarese autore di nature morte e tele dai toni evanescenti e dal tratto spezzato, «a zampa di mosca» secondo Eugenio Montale.
In occasione della donazione al Fai della raccolta d’arte del Novecento di Claudia Gian Ferrari, cui era pervenuta anche questa natura morta di De Pisis, se ne è approfondita la storia, scoprendo che era solo uno dei lavori del maestro ferrarese appartenente alla collezione di Luigi Vittorio Fossati Bellani.
Membro di una famiglia monzese di industriali del tessile, appassionato bibliofilo (la sua ricca collezione di guide e libri di viaggio è stata donata alla Biblioteca Ambrosiana di Milano), aveva conosciuto a Firenze De Pisis, grazie all’amico scrittore Marino Moretti.
Rimastone folgorato, ne divenne collezionista. Oltre a una ventina di De Pisis, Bellani possedeva anche lavori di Antonio Antony de Witt, Ottone Rosai e Alberto Savinio. Erano esposti nella sala del suo appartamento romano in via Rasella, la via dell’attentato partigiano contro le forze d’occupazione tedesche che porterà all’eccidio delle Fosse Ardeatine (1944).
Questo evento drammatico segnò per sempre il destino di Bellani: coinvolto nei rastrellamenti tedeschi, venne rilasciato ma dopo alcuni giorni, il 3 aprile 1944, morì, provato fisicamente e moralmente dall’accaduto, e la sua collezione venne dispersa.
La storia è raccontata in una raffinata mostra a Villa Necchi Campiglio (con approfondimenti nei saggi in catalogo Skira) a cura di Paolo Campiglio e Roberto Dulio, che ricostruisce - anche grazie a preziose testimonianze fotografiche - la «Stanza di Filippo de Pisis» nel palazzo di via Rasella.
Tra i capolavori ritrovati anche opere fino a oggi ritenute disperse, con il «Bacchino» (1928, nella foto sotto a sinistra), o mai esposte, come il «San Sebastiano» (1930), prima di numerose tele dedicate al soggetto.
Il particolare sodalizio tra Bellani e De Pisis si rafforzò nei primi Anni Quaranta durante il soggiorno romano dell’artista, come testimoniano alcune delle tele esposte, tra cui una veduta dalla finestra del palazzo di via Rasella.
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