ARTE
I pallini di Roy

È noto in tutto il mondo per il suo stile inconfondibile «a pallini» che imitano il reticolo fotografico e per il suo immaginario che attinge al mondo dei fumetti. Ma il percorso di Roy Lichtenstein (1923-1997) è molto articolato e complesso: nel suo lavoro di decostruzione e ricostruzione dell’immagine confluiscono elementi di diverse culture, il linguaggio delle avanguardie, in particolare cubismo ed espressionismo, la rivisitazione di iconografie medievali e di opere letterarie americane mescolate ai linguaggi della tradizione, gli indiani e il Far West, i pionieri alla conquista di nuove terre.
È proprio il Mudec, il museo delle culture di Milano, a ospitare un centinaio di opere dell’artista statunitense, tra i più noti esponenti dell’Arte Pop americana.
La retrospettiva, curata da Gianni Mercurio, prende avvio dai lavori degli Anni Cinquanta e si conclude a metà degli Anni Novanta, tra acrilici di grande formato, arazzi e sculture (ceramiche e smalti su acciaio, silhouette di oggetti in bronzo dipinto), provenienti da prestigiosi musei, istituzioni e collezioni private europee e americane, che insieme a documenti visivi (video e fotografie) offrono una panoramica della sua eclettica produzione e delle sue storiche fonti di ispirazione, consentendo di seguirne l’evoluzione artistica e di apprezzarne i temi privilegiati.
Formatosi come disegnatore pubblicitario, l’artista elabora uno stile inconfondibile che imita le strisce dei fumetti, pilastro della cultura visiva popolare americana, ingigantendole, come se fossero poste sotto la lente di un microscopio, così che anche il classico reticolo a pallini (reticolo tipografico Ben-Day) che nei fumetti è quasi invisibile, viene amplificato. Predilige anche contorni decisi e la stesura piatta dei colori, per svuotare i suoi lavori dell’aspetto emotivo, con il proposito di fare un’arte che sia specchio della società.
Anche le tematiche privilegiate - che scandiscono il percorso espositivo - riflettono molti degli stereotipi della società di massa, il gioco della guerra, l’evoluzione della figura femminile, da donna fragile e innamorata a paladina femminista negli Anni Settanta, l’uomo prestante, le icone della cultura pop americana, gli interiors (dagli ambienti di vita quotidiana allo studio ovale della Casa Bianca): soggetti in cui la forma prevale sul contenuto, svuotato di emozioni e sensazioni.
Lichtenstein riflette così sul potere subliminale delle immagini che bombardano il cervello umano: «Le nostre città sono coperte da pubblicità. Se togliessimo le insegne non resterebbe più nulla».
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Fino all’8 settembre al Mudec - Museo delle Culture, via Tortona 56, Milano; martedì-domenica
ore 9.30-19.30, giovedì e sabato fino alle 22.30, lunedì ore 14.30-19.30 , ingresso 14/12 euro. Info allo 02.88.46.37.24 oppure mudec.it. Catalogo Sole24ore.
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