IL REPORTAGE
Nei boschi dello spaccio dell’Alto Varesotto
Cocaina e accampamenti dove si facevano le passeggiate. Faccia a faccia con i marocchini che spacciano a Mondonico
C’è chi va a dormire in qualche alberghetto della zona, chi si fa ospitare dai consumatori abituali di droga, chi resta dentro il bosco anche se fa freddo, è umido e, di questi tempi, rischia di rimanere sotto la neve. Sono i pusher del Nord Africa. Secondo quanto sostengono le più recenti indagini, arrivano più o meno tutti dalla stessa città marocchina (Oued Zem), un agglomerato urbano da quasi centomila abitanti, all’interno del Paese, sulla strada che collega Casablanca (da cui dista all’incirca 150 chilometri) a Beni Mellal. Spesso queste persone che vengono in Europa per poi mandare i soldi – tanti soldi (lo testimoniano numerosi video sui social) - appartengono alle stesse famiglie, si conoscono tra loro. Hanno colonizzato le nostre aree boschive dove svolgono la loro attività di spaccio (quasi) indisturbati. Bloccarli non è semplice. Qui sono arrivati anche i baschi rossi dei carabinieri ma questi criminali sono dinamici, organizzati, militarmente pronti ad affrontare qualsiasi emergenza e a superare qualsiasi pericolo.
Il loro habitat
Abbiamo trascorso una mattinata dentro il loro habitat, accompagnati da Matteo Bariani, ex militare e consigliere comunale a Masciago Primo. Lui che conosce quei posti come fossero casa sua perché ci abita da anni, ci ha portato a vedere con i nostri occhi cosa succede tutti i giorni dentro quelli che sembrano fortini inespugnabili e come queste bande gestiscono un mercato fiorente, formato da clienti italiani e svizzeri, da tossici di lungo corso a insospettabili travet, da mamme con figli al seguito a mezze calzette del crimine della zona, persino a pensionati. Alcuni collaborano con i marocchini, creano una rete fitta di informatori per garantire ospitalità e lavoro indisturbato. Pure qualche rappresentante delle forze dell’ordine tiene contatti con questa gentaglia. Lo fa per svolgere meglio le indagini o perché prende soldi sottobanco? Chi lo sa. Non bisogna dimenticare che qualche tempo fa tre carabinieri sono finiti sotto inchiesta (arrestati e sospesi dal servizio) per rapine ai danni proprio degli spacciatori. Le mele marce, purtroppo, ci sono dappertutto. Ma questo dimostra come ormai l’organizzazione degli spacciatori abbia creato un saldo cordone ombelicale che li lega al territorio. Ed è difficilissimo sradicarli. Noi proviamo a dare il nostro contributo per riappropriarci di ciò che è nostro, della nostra terra, della nostra storia di rispetto e di pace. Vi vogliamo raccontare tutto, partendo naturalmente da quello che abbiamo scoperto andando con le nostre gambe – e con gli occhi aperti - dentro i boschi.
Le inchieste giornalistiche
La prima tappa è in un campo a Ferrera, località nota per la sua cascata. Se ti guardi intorno, ti sembra di essere dentro una favoletta bucolica ma la realtà è ben diversa. Questo ridente angolo della provincia di Varese – con il suo pittoresco contorno - è uno dei luoghi preferiti dai pusher nordafricani. Lo confermano i ripetuti arresti di quelli che, la maggior parte delle volte, sono pesci piccoli. Lo testimoniano le inchieste giornalistiche che hanno toccato tutte le reti e tutti i mezzi d’informazione. Da “Chiamata d’emergenza” di Rai3 a “Fuori dal Coro” sulle reti Mediaset, dal “Corriere della Sera” con Andrea Galli che è andato persino in Marocco sulle tracce di questi professionisti dello spaccio, alla Zanzara di Cruciani su Radio24, a Brumotti su Striscia la Notizia. E, naturalmente da tempo, La Prealpina documenta questo fenomeno criminale. Identico è il denominatore: mostrare una fiorente attività svolta in luoghi che fino a qualche anno fa erano un paradiso. Ma si sono trasformati in un inferno, come dimostrano i numerosi esposti inviati dallo stesso Bariani ma pure da diversi abitanti della zona al prefetto di Varese, ai Comuni, ai Carabinieri e a tutte le autorità preposte ad intervenire. Nessuno dice che le istituzioni stiano con le mani in mano. Anzi, si impegnano per far sì che questo cancro venga estirpato dalla provincia di Varese. Ma, di sicuro, a distanza di tempo il fenomeno non si è fermato. Forse è rallentato, in qualche caso, ma poi è ripreso con nuovo vigore. Solo la denuncia costante e continua riesce a rompere i piani degli spacciatori e a scoraggiarli di rimanere in questi luoghi. Proprio per questo siamo andati a vedere.
L’esercitazione militare
In un campo di Ferrera - dicevamo - dove c’è la linea Cadorna, nel periodo del Covid queste truppe di delinquenti si allenavano a sparare. Non ci credete? Andate a vedere sul posto e ascoltate cosa vi raccontano gli abitanti di quella zona. Sentivano i colpi e vedevano andare e venire macchine cariche di persone. I componenti dell’organizzazione criminale avevano costruito un bunker utilizzando le fortificazioni della Linea Cadorna. Controllavano che nessuno arrivasse da quelle parti a disturbare i piani e cominciavano a sparare. Questo lascia supporre che il gruppo che si occupa di spaccio sia di stampo terroristico. Un mix di commerci e di jihadismo in provincia di Varese? Detto così, sembra impossibile. Questa pare la provincia più tranquilla e più sicura del mondo, possibile che questa gentaglia s’insedi proprio qui? Si fa fatica a credere che una cellula di pericolosi terroristi trovi proprio in questo territorio il terreno fertile per sviluppare le sue attività. Eppure, c’è chi dice che da alcune fattorie della zona sia scomparso negli anni scorsi anche dell’azoto a granuli che serve per costruire ordigni ed è un dato di fatto che alcuni farmacisti abbiano presentato tempo fa denuncia alle autorità sanitarie per ricette contraffatte perché sempre più spesso alcuni personaggi d’origine straniera, in maggioranza provenienti dal Marocco, hanno acquistato medicine che abbassano la soglia del dolore o hanno un effetto stimolante. Solo un caso? Forse no, se si considera che simili farmaci vengono usati anche dalle milizie dell’Isis. Ciò conferma, comunque, come ci sia una precisa organizzazione para-militare alle spalle dell’attività di spaccio, un gruppo di persone addestrate per svolgere al meglio il proprio compito. Se poi questo sconfini nel terrorismo, non è dimostrato. Certo, però, bisogna stare con gli occhi aperti di fronte a un fenomeno che non può essere liquidato con semplicità.
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