ABBASSO
Perché l’Ungheria è ancora nell’UE?
La guerra al Gay Pride è il segnale di un problema ancora più serio

È ormai passato il mese dedicato, ma i Gay Pride continuano. La serie di manifestazioni di orgoglio omosessuale che si svolgono in molti paesi del mondo hanno come sempre dato vita a una serie di polemiche che, in un'epoca che si presume civilizzata, dovrebbero apparire assurde ma che invece si ripetono costantemente ogniqualvolta si avvicina la fine di giugno. Ma in quanti sanno perché il Gay Pride si svolge proprio in quei giorni? Il 28 di giugno è una data fondamentale per tutta la comunità omosessuale perché rievoca quelli che vennero definiti i Moti di Stonewall. Nel 1969 lo Stonewall Inn era un noto bar gay di New York e nella notte fra 27 e il 28 di giugno di quell'anno la polizia decise di farvi irruzione. Un intervento immotivato e provocatorio, atto esclusivamente a fare da scintilla per l'ingiustificata violenza da parte delle forze dell'ordine che, al primo accenno di insofferenza, intorno all'1.20 del mattino iniziarono a pestare a sangue le persone fermate effettuando decine di arresti senza ragione. La comunità omosessuale era vittima da decenni di una campagna di repressione basata su retate nei locali e anche adescamenti da parte di poliziotti infiltrati per giustificare reati di indecenza, ma fino a quella notte non aveva mai reagito. Per comprendere quanto accadde in quell'occasione bisogna quindi inquadrare l'epoca nella quale avvenne il fatto. Si era nel pieno della contestazione, le proteste contro il Vietnam erano quanto mai accese e la comunità nera aveva iniziato a rendere più attiva e talvolta anche violenta la propria protesta. Insomma, l'atmosfera era a dir poco rovente. E così, di fronte a un assalto così schiettamente premeditato, scoppiò un'autentica rivolta da parte prima degli avventori del locale, poi di tante altre persone che accorsero in aiuto degli amici che se la dovevano vedere con oltre 400 poliziotti. Gli scontri proseguirono a fasi alterne per tre giorni. Fortunatamente le conseguenze non furono gravi ma quegli eventi, nonostante varie campagne denigratorie a senso unico, risvegliarono tante coscienze e per le comunità gay fu l'inizio di un nuovo percorso di consapevolezza e lotta per i propri diritti. Sono passati quasi 60 anni da allora ma ancora ci tocca assistere a ciò che per esempio è accaduto in Ungheria, dove il presidente Orban ha dichiarato illegale la manifestazione minacciando conseguenze come multe salatissime ai partecipanti e la galera per gli organizzatori. Al netto delle parole di questo figuro, crediamo di non esagerare se affermiamo che gli strali di Orban sono il manifesto del fallimento dell'Unione Europea. I valori che l'hanno ispirata infatti, sono quelli della concordia fra i popoli, della tolleranza, della modernità per portare il continente in un futuro di prosperità e convivenza civile. In base a cosa, quindi, l'Ungheria fa parte dell'UE? Evitiamo di citare situazioni giudiziarie del recente passato in terra magiara per evitare di essere subito accusati di occupare case abusivamente e altre sciocchezze del genere. Ci limitiamo a considerare che un paese nel quale vengono regolarmente violati i diritti civili non dovrebbe essere parte di un'entità sovranazionale che ritiene di essere un punto di riferimento di civiltà per il pianeta.
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