IN TRIBUNALE
La testimonianza di Lavinia: «Sapevo sarebbe successo»
Prima la cartolina prodotta dall’avvocato Ambrosetti. Poi il racconto della fine della relazione: «Me ne sono andata perché mi trattava male»
«Sentitissime condoglianze per la dipartita di quel brav’uomo... Ora sarà certamente tra gli angioletti». È il testo della cartolina, firmata da Marco Manfrinati, inviata dal carcere di Busto Arsizio il 10 settembre a Marta Criscuolo, vedova di Fabio Limido, ucciso il 6 maggio scorso nell’aggressione in via Menotti a Varese.
LA CARTOLINA: «ORA SARÀ TRA GLI ANGIOLETTI»
La cartolina, con la foto di un altare tridentino, è stata prodotta dall’avvocato della famiglia Limido-Criscuolo, Fabio Ambrosetti, all’inizio della seconda udienza del processo che vede imputato di stalking lo stesso Manfrinati, in carcere da cinque mesi per aver sfregiato l’ex moglie Lavinia Limido e per aver ucciso con lo stesso coltello il padre di lei, Fabio, intervenuto per difendere la figlia.
INDAGINI ANCORA APERTE
Per l’aggressione di via Menotti le indagini sono ancora aperte; oggetto del procedimento in corso in Tribunale a Varese, davanti al giudice Luciano Luccarelli, sono invece i presunti atti persecutori denunciati dalla famiglia Limido-Criscuolo dopo che Lavinia scappò di casa con il figlio. Nella precedente udienza Marta Criscuolo aveva raccontato di mesi di minacce, anche di morte, con messaggi e telefonate, ma anche di appostamenti davanti a casa e al luogo di lavoro, danneggiamenti all’abitazione e alle auto di famiglia.
LA TESTIMONIANZA DI LAVINIA
Poi al banco dei testimoni si è seduta Lavinia che ha raccontato della fine della relazione e dei mesi successivi alla sua fuga a casa di un’amica nel Comasco: «Me ne sono andata perché mi trattava male, era un modo inaccettabile. Lui faceva paura. Era violento in casa, spaccava le cose. Mi sminuiva, diceva “dipendi da me“. Lui si sente di essere “la legge“, quello che decide». In aula sono stati fatti sentire gli audio di alcune telefonate tra Lavinia e l’ex marito, quelle al centro del capo di imputazione, in cui Manfrinati, tra l’altro, afferma: «Io non mi fermo alle carte bollate... qui qualcuno finisce al cimitero o in terapia intensiva».
© Riproduzione Riservata