LA MOSTRA
Il Joyce della pittura e il mondo a strisce

Di sicuro è stato affascinato dalle strisce della bandiera americana.
Irlandese di Dublino (1945), Sean Scully, di strisce e righe incrociate ne aveva già dipinte di tutti i colori durante gli studi artistici in Inghilterra.
Ma le sue ricerche astratte, memorie del reale, trovano un terreno più fertile a New York, dove si trasferisce nel 1975. Qui, le complesse griglie geometriche prendono altre strade, in cui hanno il sopravvento il gesto, la materia cromatica e una più solida composizione. Un percorso evidenziato nella mostra varesina «Long Light. Sean Scully a Villa e Collezione Panza» - a cura del direttore del luogo Fai, Anna Bernardini.
In mostra ottanta lavori (dipinti, fotografie e sculture) realizzati tra il 1975 e il 2019 secondo una poetica, espressiva ed essenziale, affine alle opere di altri artisti contemporanei che il conte Giuseppe Panza volle per la sua villa settecentesca.
Partendo dal piano alto, le prime «super griglie» acriliche intrecciano nitide, fitte, grandiose trame colorate disposte secondo illusori piani sovrapposti, non sottratti all’esperienza della luce. Apre una breve parentesi il passaggio a un minimalismo in cui solo tracce leggere appaiono su superfici pressoché monocrome. Esperienze interessanti, ma che stanno strette al pittore. Quindi, in un’opera come «Backs and Fronts» del 1981, compone una sinfonia di strisce orizzontali e verticali incolonnate che si moltiplicano in un esteso «work in progress» che prende spunto dai «Tre musici» di picassiana memoria.
La passione per la materia cromatica, quella più densa ed emotiva dell’olio profumato di trementina, eccita ed espande il gesto creativo, portando le composizioni nell’alveo più generoso di un Espressionismo astratto giocato su moduli sporgenti e incavati che conferiscono tridimensionalità e imponenza alle opere. E siamo già al termine del secolo scorso quando, nelle sue spazialità geometriche, l’artista sovrappone inserti cromatici, «finestre interiori» aperte sul mondo esterno alla ricerca di punti di riferimento esistenziali. Ma è nella sequenza «Wall of Light» - visibile nel primo rustico del piano terra – che Sean Scully, mediante colori più vibranti e liquidi, conferisce maggiore libertà espressiva all’impaginato di grandi dipinti ad olio su lino o alluminio. Quindi, in altra stanza, un ritorno a un primissimo amore: la figurazione; è la serie «Madonna», 2018, dedicata al felice evento della nascita di un figlio.
Fotografie di paesaggi naturali e urbani alimentano le suggestioni della ricerca pittorica dell’artista che in «Landline» - serie visibile nella Grande scuderia e nel Salone impero - compone ardite ed emozionali partiture cromatiche in strisce orizzontali ricche di memorie di terre e mari del mondo, privilegiando sentimenti d’Irlanda.
E osservando la suggestiva sequenza delle 27 finestrelle policrome dell’installazione «Looking Outward» nella serra del giardino, come non rammentare quel flusso di coscienza con cui lo scrittore irlandese James Joyce dà voce ai pensieri più profondi dei personaggi nel suo «Ulisse»? Un dono dell’artista alla collezione varesina, per ricordare che da Villa Panza è passato Sean Scully, il James Joyce della pittura.
A Villa e Collezione
Panza a Varese sono in mostra ottanta lavori
Un Espressionismo astratto tutto moduli sporgenti
e incavati
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