IL PUNTO
Varese, violenza contro le "divise": «Ora basta»
L'analisi di Paolo Macchi, segretario del Siulp: «Aggressori subito liberi»
Venerdì il pugno sferrato a un agente della Polfer durante controlli nella zona delle stazioni ferroviarie di Varese, sabato notte un carabiniere colpito con una testata al petto da un ubriaco a Malnate. In entrambi i casi, gli aggressori sono tornati subito in libertà: il primo senza alcuna misura; il secondo con obbligo di firma in caserma. Sulla questione della violenza alle ”divise” - «drasticamente in aumento» - interviene Paolo Macchi, segretario provinciale del Siulp di Varese: «Sono entrambi liberi, anche di aggredire chiunque non gli vada a genio. Non solo forze dell’ordine».
«La misura e la gravità delle pene previste ma poi realmente comminate - prosegue - rappresentano un po’ il sismografo rispetto al grado di libertà civile e costituzionale, e alla tenuta della sicurezza pubblica in questo Paese. In Italia per il reato di violenza a pubblico ufficiale sono previste pene da 6 mesi a 5 anni, addirittura più della media europea, ma l’osservazione degli episodi degli ultimi casi ci fa capire che la loro applicazione è molto blanda».
Ma il contrario avviene nei confronti delle forze dell’ordine: «Se il carabiniere si fosse difeso - puntualizza Macchi - ecco che sarebbe partito il gioco dello studio della misura di quanta forza aveva utilizzato e se avrebbe potuto risolvere in un modo diverso.
Abbiamo giurato di servire i cittadini e di garantire la loro sicurezza, ma per poterlo fare deve essere garantita anche la nostra».
Nella sua analisi, il segretario del principale sindacato di categoria della Polizia di Stato, sottolinea poi che «a Varese e provincia, gli uomini devono essere impegnati sulle strade - conclude -. Poi occorre una massiccia diffusione di taser e di altri strumenti paralleli per poter essere agevolmente utilizzati dalle forze di polizia».
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