DA VEDERE
Yukinori Yanagi: come riflettere sulla precarietà dei confini
A Milano la prima personale europea dell’artista giapponese. Opere iconiche degli anni ‘90 e ‘00 ricontestualizzate a lavori più recenti

In un nero tragitto ho brancolato tra il sole e il cielo, sono stato Icaro senza ali di cera ma di versi turbati; ho sostenuto lo sguardo di Godzilla e vi ho visto devastazioni; ho osservato formiche disfare nazioni: ho contemplato le opere di Yukinori Yanagi. Icarus, prima retrospettiva europea dedicata a Yanagi (Fukuoka, 1959; vive e lavora a Momoshima), ospitata da HangarBicocca, ordina alcune tra le sue più significative opere. Lo spettatore si confronta immediatamente con l’imponente installazione nata dalla combinazione di Project God-zilla, 2025 e Article 9, 1994. La prima: un cumulo di detriti e distruzione sormontato da una sfera che accoglie, alternate, le proiezioni di un occhio e di esplosioni nucleari; la seconda: scritte di neon, che ripropongono il discusso nono articolo della costituzione giapponese con il quale il Paese sancisce la rinuncia alla guerra e all’esercito, sono sparse nel cumulo come insegne abbattute dal mostro. Riunite in un unico momento artistico formalmente omogeneo, potenziano i rispettivi contenuti, richiamano la condizione psicologica di un Paese che aveva vissuto l’esperienza della distruzione atomica e rischiato la soppressione della Casa imperiale. Nutrita di ricordi di infanzia (filmati e pupazzetti si trasformano in materiale di produzione artistica) l’arte di Yanagi si sofferma su topoi dell’esperienza umana: identità collettiva, nazione, tradizione si confrontano con la pratica del viaggio, dell’attraversamento del confine che si misurano sul metro del potere e della politica. Icarus, 2025, costruita con container assemblati a formare un percorso, si apre con l’immagine del sole, al traguardo si avvista il cielo di Milano; un gioco di specchi attua un continuo rimpallo tra cielo (vero) e sole (in effige), accompagnati dai versi di Y. Mishima si giunge alla conclusione del corridoio e al ‘periscopio’ da cui penetra il cielo. (Turrell con i suoi studi di luce e i peculiari modi della visione dei Corridors di Nauman bussano alla memoria: niente di derivativo ma la sensazione di una famigliarità artistica che arricchisce l’esperienza…) Voltandosi, l’immagine solare, la cui distanza si è moltiplicata, acquista il sinistro aspetto dell’epicentro di un’esplosione.
Impossibile non essere attratti da Hinomaru Illumination, 2025, opera con neon che, accendendosi e spegnendosi, realizza tre immagini: la bandiera giapponese, quella delle forze armate e il Sole Nero che proietta ombre sulla società giapponese. Sfruttando il neon, portatore di un specifica estetica, l’artista si inserisce nel flusso comunicativo che passa dalla bandiera al cittadino. Merita un cenno la terribile poesia di due stampe cianografiche, Atomic Clouds over Ground Zero, 2025: immagini che riprendono l’esplosione nucleare. Sottolinea Chiara Lupi, ricercatrice: «Il cianotipo è la tecnica romantica con cui si fanno i quadretti blu dei fiori; l’artista, invece, ci mette il fungo atomico…». Infine The World Flag Ant Farm, 2025. 200 bandiere in sabbia esposte in teche di plastica e collegate da tubi attraverso i quali si muovono formiche che con il loro lavorìo ne disgregano i disegni: un modo artistico per riflettere su confini, globalizzazzione, identità… Sorprendentemente coinvolgenti senza essere ottundenti, esplicative senza essere didascaliche, le opere dichiarano senza ambage i loro intenti. Yanagi dimostra di essere un artista capace di esprimersi attraverso notevoli soluzioni formali evitando le pure dichiarazioni d’intenti. Come Uomo, sembra procedere ben oltre l’opera con una pratica di vita che si fa testimonianza (le sue attività a ‘salvataggio’ di alcune isole lo dimostrano).
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