L’INCHIESTA
Delitto Ravasio, parla Adilma: «Non faccio macumbe»
La donna, accusata di omicidio, rompe il silenzio dal carcere: «Magia nera? Invenzioni»
«Non sono una feiticeira, non pratico magie nere, riti o macumbe. Sono tutte invenzioni»: per la prima volta, dallo scorso 22 agosto, Adilma Pereira Carneiro rompe il silenzio.
LO SFOGO
Lo fa dal carcere di San Vittore dove è detenuta da quasi un mese. Non entra nel merito dell’accusa di aver progettato e diretto l’omicidio del compagno Fabio Ravasio, quello è un argomento che l’avvocato Edoardo Lorenzo Rossi le farà sviscerare davanti al pubblico ministero Ciro Caramore.
Ma sul folklore del candomblè - dietro cui, secondo la quarantanovenne, qualcuno dei suoi soci si sarebbe nascosto per giustificare la partecipazione nel delitto - non vuole speculazioni. «Non ho mai fatto sacrifici animali, io gli animali li amo» e la conferma arriverebbe anche dalle persone a lei più legate. Non è lontano il giorno dell’interrogatorio in procura, gli inquirenti stanno ultimando i verbali di sommarie informazioni delle persone informate sui fatti, poi convocheranno un’altra volta Massimo Ferretti (l’uomo che Adilma stava frequentando ormai da un anno) e Marcello Trifone, coniuge della brasiliana dal 2016 e padre biologico dei due gemelli che Ravasio credeva fossero suoi.
A quanto pare l’incantesimo amoroso su Trifone - che è difeso dall’avvocato Andrea Toscani - avrebbe perso efficacia: stando a indiscrezioni l’uomo non sarebbe più disposto ad attendere Adilma per l’eternità: forse in carcere detenuti più smaliziati di lui gli hanno aperto gli occhi.
LA POVERTÀ
È scoppiata in lacrime Adilma quando le è arrivata la notifica del sequestro conservativo emesso dal giudice civile su richiesta dei genitori di Fabio Ravasio. Forse per la prima volta da quando è in Italia (dalla fine 2003, quando sbarcò a Malpensa con tredici chili di cocaina) la donna vede davanti a sé lo spettro della povertà. Da tempo i Ravasio sospettavano che la quarantanovenne fosse animata da interessi economici più che da affetto. Mesi prima avevano interrotto qualsiasi elargizione.
La facoltosa madre del cinquantaduenne investito e ucciso il 9 agosto aveva pure preteso la restituzione del milione di euro prestato per l’acquisto della casa di via delle Orchidee e siccome Adilma temporeggiava le fece un decreto ingiuntivo. Con l’atto recapitato in cella settimana scorsa, la famiglia di Fabio spera di congelare del tutto le proprietà della brasiliana. La quale, dopo l’abiura della religione umbanda, non potrà neppure ricorrere alle fatture, intese come riti luciferiani.
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