IL CASO
Ex Whirlpool, duemila dipendenti con il fiato sospeso
Cresce l’attesa per il piano industriale di Beko
Le organizzazioni sindacali che vengono convocate per una riunione in video chiamata e poi la comunicazione totalmente inaspettata: 1.800 licenziamenti. È quanto accaduto in Polonia, in uno dei siti produttivi di Beko Europe. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno che ora porta con sé nubi scure anche per i siti italiani della multinazionale turca dell’elettrodomestico, che dalla primavera scorsa ha ufficialmente preso casa nei reparti ex Whirlpool di Cassinetta di Biandronno. Nei capannoni dove si realizzano elettrodomestici da incasso sia per il caldo che per il freddo, i circa duemila dipendenti vivono ogni giorno con il fiato sospeso, in attesa che dal quartier generale di Arçelik giunga qualche notizia sul piano industriale del gruppo per i siti italiani.
Segnali e paure
A Cassinetta, ovviamente, c’è grande preoccupazione. Anche perché i segnali di queste settimane non sono positivi. I licenziamenti in Polonia hanno lasciato tutti sgomenti. Ma non basta. Ad avvalorare i timori ci sono anche numeri e ammortizzatori sociali. È noto che il mercato degli elettrodomestici, dopo il boom positivo del periodo Covid, stia attraversando una crisi di vendite- e dunque di produzione - conclamata. Nei reparti di Cassinetta lo si vede chiaramente: la capacità produttiva attuale non va oltre il 50 per cento. E da tempo in fabbrica è stata aperta la cassa integrazione che vede coinvolti i dipendenti in termini differenti, anche fino a due settimane al mese. Unico segnale in controtendenza è quello dei frigoriferi, per cui l’azienda ha previsto un incremento produttivo, con sospensione dell’uso degli ammortizzatori sociali.
Piano industriale
Qual è, dunque, la strategia che Beko intende portare avanti in Italia? Nessuna risposta è giunta fino ad oggi e nessuna data è stata comunicata alle organizzazioni sindacali per un incontro che li veda allo stesso tavolo con i manager e con i rappresentanti del governo italiano. A luglio si era detto che entro ottobre sarebbe stato tutto chiaro, ma per ora nulla. Il problema è che, di fronte alla nebbia, poi si moltiplicano le ipotesi, come quella - ragionevole viste le prime mosse tra Polonia e Romania - che i turchi puntino a polarizzare la produzione nelle diverse fabbriche. Cosa significa? Significa, ad esempio, che se a Cassinetta mantenessero soltanto il caldo e non il freddo, ballerebbero circa 900 posti di lavoro.
Task force
Va detto che c’è una vera e propria task force pronta a difendere in ogni modo i posti di lavoro e il know how degli stabilimenti di Cassinetta. La scorsa settimana Fiom, Fim e Uilm hanno aderito allo sciopero di due ore indetto in tutte le fabbriche italiane del gruppo e continuano a sollecitare la convocazione di un incontro per aprire un dialogo. A sostenerli ci sono anche Regione Lombardia e lo stesso governo che in più occasioni ha dichiarato di seguire con attenzione la partita. Si spera che il risultato si sblocchi in tempi brevi.
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