CORTE D’APPELLO
«No al risarcimento a Binda». Ricorso dell’Avvocatura dello Stato
Non ancora depositato invece quello dei legali del 57enne che chiedono l’indennizzo pieno per ingiusta detenzione
Stefano Binda, il 57enne di Brebbia assolto in via definitiva dall’accusa di aver ucciso Lidia Macchi, ha annunciato dalle colonne della Prealpina la scelta di ricorrere in Cassazione contro l’ordinanza della Corte d’Appello di Milano che lo scorso 20 settembre gli ha sì riconosciuto il diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione (nella misura di 212mila euro), anche se ridotto di un terzo rispetto a quanto richiesto. Ad oggi però il ricorso a firma dei suoi due legali storici, gli avvocati Patrizia Esposito e Sergio Martelli, non risulta essere ancora pervenuto negli uffici della cancelleria della quinta sezione della Corte d’Appello della metropoli lombarda.
Questa mattina, giovedì 3 ottobre, risultava invece depositato un altro ricorso. È quello dell’Avvocatura dello Stato. A firmarlo l’avvocato dello Stato Francesco Viglioli, che agisce in nome e per conto del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il legale dell’Avvocatura dello Stato sostiene che il cinquantasettenne di Brebbia non abbia nessun diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, nonostante abbia trascorso oltre tre anni, sei mesi e 10 giorni in carcere per un’accusa - omicidio di Lidia Macchi - dalla quale è stato appunto assolto in via definitiva dalla Cassazione con una sentenza del gennaio del 2021.
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