AL MUDEC DI MILANO
Tvboy, la sua street art entra al museo

E la street art entra ancora una volta nei musei, ormai non è una novità. Questa volta lo fa al Mudec di Milano con l’artista contemporaneo Salvatore Benintende (Palermo, 1980), in arte Tvboy (il nome è insieme un omaggio -in quanto l’artista, come molti suoi coetanei, ha nel proprio bagaglio culturale la televisione poiché “è cresciuto guardando i cartoni animati- e una critica alla stessa, in quanto produttrice di programmi spazzatura).
Nicolas Ballario è il curatore di TVBOY. La mostra, titolo impegnativo, inaugurata ad inizio mese e visitabile fino al 9 febbraio.
L’esposizione si concentra su quattro aree tematiche, attraverso una settantina di lavori. La prima è dedicata ai «baci» e all’amore ed espone una serie di opere in cui due personaggi famosi si baciano appassionatamente (tra le quali, Amor populi: Salvini & Di Maio, 2020), lavori che riprendono un’iconografia che gli appassionati di street art non faticheranno a ritrovare: è quella di Kissing Coppers, uno stencil del 2004-2005 del più celebre degli street artist del mondo, Banksy.
La seconda sezione è riservata al “potere” e ritroviamo la tela con papa Francesco nella veste di Superman, o lo zio Sam con la mascherina. Nella terza area sono presenti gli “eroi”, come Stop war (Gino Strada), 2021; ed infine una sezione dedicata alla storia dell’arte, con tele che ripercorrono temi e personaggi dell’arte rivisitati in chiave -come lo stesso artista dice- urban pop. Definizione efficace: nelle opere in mostra, infatti, si intrecciano le due estetiche, quella pop e quella dell’arte di strada.
Tvboy realizza opere ironiche, simpatiche, colorate, appropriandosi warholianamente di icone nazionalpopolari. Certo non sono opere corrosive, seguono, sottolineano e accompagnano gli argomenti più trattati dalla nostra società perché, come lo stesso artista afferma in un’intervista al curatore della mostra, pur non considerandosi un artista politico «l’arte deve parlare della contemporaneità e la contemporaneità è anche la politica. Perché negarlo? Al giorno d’oggi, non si può non parlare di certi temi e personaggi. L’arte ha la funzione di narrare il presente. Sto attento a quello che succede. E se una questione mi tocca, la sento mia e ne parlo».
E lui ne parla, ne parla con il suo linguaggio neo pop; non critica, non analizza, semplicemente rimarca gli argomenti di tendenza, rafforza il discorso con i suoi colori e la sua tecnica. Nulla di male, ovviamente. Però, resta ben poco della carica trasgressiva dei pionieri del graffitismo e della loro critica al sistema. Non si può dimenticare che l’origine della street art è lontana dalle luci dei musei, delle gallerie, dalle esposizioni. Certamente, il periodo «eroico» è passato -e non tornerà-, Tvboy lo sa. Opera negli anni Venti del Duemila e non negli anni Settanta del Novecento. Cinquant’anni, alla velocità del mondo contemporaneo, sono ‘un’eternità’. E tuttavia questa distanza dalle origini va rimarcata, soprattutto perché la street art vive ancora dei miti di quella stagione, di quell’aura di trasgressione che veramente informò le prime sue manifestazioni (non è un caso che Tvboy si presenti in televisione con cappellino e occhiali scuri ben calzati sul viso, in modo da celare, almeno parzialmente, la propria fisionomia) ma in una mostra, per di più negli spazi di un’istituzione importante e conosciuta, non si può certo immaginare di trovare un outsider.
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