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Overtourism e troppo caldo: agosto addio
Alcuni Paesi stanno valutando di spostare il periodo di ferie

Agosto è ormai diventato sinonimo di estate: tutti in vacanza, città deserte e spiagge piene, caccia al ristorante che abbia ancora un tavolino, code chilometriche sulle autostrade. E tutto questo nonostante i prezzi alle stelle e il caldo soffocante. Ma perché siamo arrivati qui? I motivi sono molteplici ma, fondamentalmente, è perché molte aziende continuano a chiudere i battenti le due settimane centrali di agosto, un po’ per tradizione e un po’ perché, in una sorta di effetto domino, tutti i servizi vengono ridotti al minimo. Finalmente però qualcosa sta cambiando e in molti Paesi si sta valutando di invertire la rotta. In un’epoca caratterizzata da cambiamenti climatici e da un'economia globale in continua evoluzione, alcuni Stati stanno seriamente prendendo in considerazione l'idea di spostare il tradizionale periodo delle ferie estive. La proposta, che a prima vista può sembrare rivoluzionaria, nasce da una serie di considerazioni pratiche e strategiche che stanno alimentando un acceso dibattito a livello politico e sociale. Il primo e più evidente fattore che spinge verso questa direzione è l'innalzamento delle temperature. Di conseguenza, si sta ipotizzando di spostare il picco delle vacanze da luglio e agosto a periodi più miti, come giugno o settembre, o addirittura di frazionarle in più periodi durante l'anno. Un altro aspetto fondamentale è l'impatto economico. Lo spostamento delle ferie potrebbe contribuire a una redistribuzione dei flussi turistici, riducendo l'affollamento nelle mete più gettonate durante l'alta stagione. Questo non solo migliorerebbe l'esperienza dei viaggiatori, ma aiuterebbe anche a combattere il fenomeno del turismo di massa, che spesso mette a dura prova gli ecosistemi locali. Distribuire la domanda turistica su un periodo più lungo permetterebbe inoltre di sostenere le attività ricettive e i servizi locali in maniera più equilibrata, evitando i picchi di lavoro e i successivi periodi di inattività. Qualcosa nel mondo, ma non in Italia, si sta già muovendo: secondo alcuni tour operator citati dal Guardian, le prenotazioni nella cosiddetta shoulder season (i mesi di primavera e autunno) sono aumentate fino al 60%. Anche un'inchiesta della BBC ha raccolto i dati di questa tendenza: in Grecia, ad esempio, nel 2024 si è registrato un +20% di presenze turistiche nei mesi primaverili rispetto all'anno precedente. Lo stesso accade in Spagna, dove le vacanze vengono anticipate addirittura a gennaio e febbraio, un incremento del 20% rispetto al 2019. E in Italia? Attendiamo fiduciosi che cambi qualcosa.
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