LAVORO
Sciopero a Cassinetta, Beko: «Disponibili al confronto»
I lavoratori in presidio davanti agli uffici direzionali. In mattinata l’incontro con il top management
Nuovo sciopero oggi, giovedì 14 novembre, per i dipendenti ex Whirlpool di Cassinetta che si stanno mobilitando contro lo spettro della chiusura dello stabilimento. I lavoratori sono in presidio davanti alla palazzina che ospita gli edifici direzionali.
L’INCONTRO CON I VERTICI
«Oggi il top management di Beko ha incontrato alcuni rappresentanti delle organizzazioni sindacali nel corso di un presidio all’esterno dello stabilimento Beko di Cassinetta - fa sapere l’azienda in un comunicato -. I manager hanno ribadito quanto già comunicato il 7 novembre al Ministero delle Imprese e del Made in Italy e rinnovato la disponibilità dell’azienda per un confronto trasparente e aperto con le istituzioni e le organizzazioni sindacali».
«BEKO DA SALVARE SENZA DIVISIONI»
Intanto, il pomeriggio di ieri - mercoledì 13 - ha segnato un punto importante sulla strada del “fare quadrato” sul caso della Beko di Cassinetta di Biandronno. Due riunioni a Villa Recalcati, la prima convocata dal prefetto Salvatore Pasquariello alla presenza dei vertici di Confindustria, Camera di Commercio e amministrazioni comunali coinvolte (per Varese la vicesindaca Ivana Perusin, che tra l’altro ha lavorato in Whirlpool, per Biandronno e Ternate i rispettivi primi cittadini), la seconda indetta dal presidente Marco Magrini alla presenza delle organizzazioni sindacali, dei capigruppo in Regione Lombardia e di diversi parlamentari del Varesotto. Questa la sintesi dalle parole di Magrini: «Su un caso come questo che coinvolge un’azienda storica del territorio non dobbiamo dividerci, nessuno deve mettere la propria bandiera perché se perdiamo questa azienda è tutto il territorio che ci perde». La situazione non si presenta ancora al limite di rottura, creare allarmismi può essere controproducente. Detto questo, però, i dipendenti sentono sul collo il fiato grosso di un colosso mondiale, al 75 per cento con capitale turco e il resto statunitense, che al momento non sembra intenzionato a svelare le proprie carte in via ufficiale (documenti in tal senso non ne sono stati presentati), ma è noto che, dopo aver chiuso la filiale polacca, pare fortemente interessato ad aprire in Bangladesh e nella stessa Turchia, Paesi dove la manodopera ha costi nettamente inferiori a quelli italiani (e dove i diritti dei lavoratori sono oggettivamente meno tutelati). Due punti attrattivi che fanno gola all’azienda che solo nella primavera scorsa aveva messo piede in Italia, ma che forse non ha registrato tutte le garanzie di redditività che gli erano state promesse. «A questo punto il Governo deve intervenire sul management con la riunione indetta a Roma mercoledì prossimo per capire con esattezza cosa intende fare e su quale tipo di accordo è possibile lavorare affinché Varese non perda il proprio patrimonio lavorativo. Bene sarebbe, piuttosto che destinare la pochezza di 4 milioni di euro di ristorni frontalieri (proposta dell’onorevole Candiani, ndr) per generiche politiche di riconversione, investire direttamente sul sito di Cassinetta, in attesa di istituire quella famosa “zona franca” di cui si era parlato tempo fa che risolleverebbe anche economicamente le sorti del nostro territorio» sottolinea con forza il presidente della Provincia.
A nome dei sindacati, il segretario provinciale Uilm, Fabio Dell’Angelo ricorda la necessità di «respingere la chiusura di questa o quella linea produttiva perché così facendo accettiamo il primo passo verso la futura chiusura totale dello stabilimento, di cui non vogliamo sentir parlare. Tutte e tre le linee di Cassinetta devono essere saturate se si vogliono aprire impegni concreti di investimento sul futuro». Sul tema sono attesi due documenti di Provincia e Sindacati e il consiglio comunale di Varese di domani.
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