IL VIA LIBERA
Il telelavoro per i frontalieri diventa legge
Ok della camera per la modifica del trattato Italia-Svizzera. E Candiani anticipa l’emendamento per inserire nella legge di ratifica i 40 milioni dei ristorni “contesi”: «I soldi che nascono dai frontalieri restano qui»
È stata approvata in via definitiva questa mattina, giovedì 18 dicembre, nell’aula della Camera in la modifica sottoscritta dal ministro Giancarlo Giorgetti con il suo omologo svizzero in appendice al trattato tra Italia e Svizzera sul lavoro dei frontalieri per consentire il telelavoro. L’accordo internazionale stabilisce che il lavoratore frontaliere possa svolgere fino al 25% della sua attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza nel corso di un anno civile. Un risultato al quale ha contribuito il deputato tradatese della Lega, Stefano Candiani. Proprio Candiani anticipa anche che «in legge di bilancio il ministro Giorgetti ha disposto l’inserimento di un emendamento per inserire nell’articolo 11 della legge di ratifica i 40 milioni che sono stati oggetto di polemica nei giorni scorsi riguardo ai ristorni dei frontalieri». Il deputato leghista commenta quest’ultimo emendamento sottolineando che «i soldi che nascono dai frontalieri restano sui territori di confine, lo avevamo detto e lo confermiamo».
PELLICINI: «PIÙ QUALITÀ DELLA VITA, MENO TRAFFICO»
«La sperimentazione in atto dai tempi del Covid diventa finalmente legge – dichiara il deputato Andrea Pellicini, già Sindaco di Luino, territorio in cui vivono tantissimi frontalieri – i nostri lavoratori di frontiera potranno cosi lavorare da casa per un quarto dell’orario di lavoro, con un miglioramento della qualità della loro vita e con diminuzione del traffico lungo le strade verso il Canton Ticino».
ALFIERI: «VITTORIA DEL TERRITORIO»
Sono «37,6 milioni» di euro «che vengono restituiti ai comuni di frontiera. Il Governo emenda se stesso visto che li aveva già trasferiti in altri capitoli e riporta i soldi dove dovevano stare – commenta il senatore varesino del Pd, Alessandro Alfieri –. Tra stasera e domani voteremo convintamente l’emendamento. Bene abbiamo fatto come Partito democratico a sollevare il tema dei ristorni dei frontalieri presentando un emendamento e un ordine del giorno per dire che le tasse pagate dai frontalieri vanno ai comuni in cui risiedono. Bene la mobilitazione bipartisan dei rappresentanti istituzionali del territorio. Tutto bene quel che finisce bene.
FERRARA: «AI COMUNI SOLO 89 MILIONI. COSÌ NON È COOPERAZIONE, È TRATTENIMENTO»
«Abbiamo votato a favore del decreto sui frontalieri per senso di responsabilità verso i lavoratori, ma non accettiamo la narrazione trionfalistica del Governo e di chi oggi si prende gli onori scaricando gli oneri sui territori». Lo ha dichiarato in aula Antonio Ferrara, deputato varesino del Movimento 5 Stelle. «Il limite del 25% di telelavoro – ha spiegato Ferrara – è una modernizzazione col freno a mano tirato: una percentuale rigida che non tiene conto della vita reale nei Comuni di confine, in particolare nella provincia di Varese, dove il confine è un imbuto quotidiano fatto di traffico, tempi imprevedibili e servizi comunali sotto pressione». Il nodo centrale resta quello delle risorse: «La legge garantisce ai Comuni di confine una soglia minima di 89 milioni di euro annui, ma dalle comunicazioni delle autorità svizzere emerge che dalla Svizzera arrivano complessivamente circa 128 milioni di euro legati al lavoro frontaliero. La domanda è semplice: che fine fa la differenza? Se ai territori tornano solo 89 milioni, il minimo rischia di diventare un tetto». Nel suo intervento Ferrara ha chiamato in causa direttamente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e i senatori Stefano Candiani e Alessandro Alfieri: «Ai territori non servono conferenze stampa, ma certezze. Un Comune che non sa se l’anno dopo riceverà 89, 100 o 128 milioni non può programmare. E se i soldi arrivano dalla Svizzera ma non tornano ai Comuni di confine, non è cooperazione: è trattenimento». Critiche anche alla narrazione sulle infrastrutture: «Le rotonde sono manutenzione necessaria, non una strategia per il futuro del confine. Non risolvono l’imbuto ai valichi, non migliorano la mobilità transfrontaliera, non rafforzano la competitività delle imprese varesine». Infine, l’affondo sulle frizioni sociali irrisolte: «Questo decreto non affronta la disparità tra vecchi e nuovi frontalieri, né il tema della fuga di competenze verso la Svizzera, mentre le imprese del Varesotto continuano a pagare energia più cara e burocrazia più lenta». «E se poi quelle risorse dovessero arrivare ai territori solo attraverso singoli emendamenti o interventi straordinari non farebbero altro che confermare il problema: significherebbe ammettere che gli 89 milioni vengono considerati un tetto massimo e non un punto di partenza. Una gestione che scarica l’incertezza sui Comuni di confine». «Il Movimento 5 Stelle continuerà a battersi – ha concluso Ferrara – perché gli 89 milioni restino una garanzia minima e non un tetto massimo, perché nessuna risorsa venga trattenuta a danno dei Comuni di confine, e perché al Varesotto vengano riconosciuti rispetto, trasparenza e risorse certe».
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