TRASPORTI
«Treni in ritardo, un insulto»: lo sfogo di una pendolare
Lettera alla Prealpina: l’ansia, l’impotenza e il tempo rubato

Treni in ritardo. Troppo spesso. Una pendolare ha scritto oggi, martedì 25 marzo, alla Prealpina per rilanciare questo problema, diventato praticamente cronico, che registra segnalazioni e proteste continue. Uno sfogo, quello della pendolare, che pubblichiamo qui di seguito.
IL TEATRINO
Quattordici minuti. Anche oggi. Il teatrino a cui ormai gli spettatori tristi non reagiscono neanche più. La modalità è subdola come sempre: lasciano passare il 5.52 lasciandoti crogiolare nel tuo stupido ottimismo, che “oggi forse andrà bene”, per poi sbatterti in faccia il quotidiano ritardo. Quel ritardo che ti farà iniziare male la giornata. Anche oggi. Quel ritardo che sommato ai ritardi piccoli o grandi di tutti i giorni ti ruba qualcosa. Ad alcuni ruba permessi, ad altri ammonizioni. Ad altri la serenità. Quattordici minuti. Oggi il mio treno si è preso un po' del mio tempo, ma in realtà è un furto bello e buono. In quattordici minuti potrei: svegliarmi per davvero, invece di rimanere intrappolato nell’attesa; fare una telefonata a chi mi manca, ma chi ha voglia di parlare mentre il tempo scorre? Preparare un piano B per la giornata, ma chi ha voglia di pianificare quando siamo sempre in attesa? Rimettere in ordine i pensieri, ma il ritardo li scombina tutti. E invece? Invece, ci ritroviamo a contare i minuti e a ingoiare la frustrazione.
L’INSULTO
Questi 14 minuti rubati non sono solo un ritardo: sono un insulto. Un insulto a chi lavora, a chi ha impegni, a chi cerca di vivere una vita normale. Ogni giorno è un'altra dose di ansia e impotenza, mentre ci dicono che "è normale" o “ci sono stati problemi” (questa è stata la giustificazione del capotreno stamattina). Ma non è normale. Quattordici minuti. Sono miei. Non di Trenord.
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