LA MOSTRA
La più importante raccolta privata di dipinti fiamminghi in Italia
All’Ambrosiana un percorso interattivo valorizza le 32 opere esposte con un riallestimento della sala che offre al visitatore anche tre schermi touch

Un sontuoso mazzo di fiori, con oltre centro varietà diverse, gigli, iris, narcisi, garofani, ranuncoli e papaveri, fiori di borragine e non ti scordar di me, disposti in un piccolo vaso e descritti con la precisione di un botanico. È una delle opere fiamminghe possedute dal cardinale Federico Borromeo, donate nel 1618 alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, istituzione da lui fondata in quell’anno, dopo avere aperto, nel 1607, la Biblioteca Ambrosiana. L’autore è Jan Brueghel (1568-1625), originario di Anversa ma di stanza a Roma quando anche il giovane futuro cardinale milanese risiedeva nella città eterna e dove ebbe modo di conoscere personalmente numerosi artisti, tra cui Caravaggio e i fiamminghi Jan Brueghel e Paul Bril (1554-1626), con cui rimase sempre legato. In una lettera del gennaio 1606, quando ormai era tornato ad Anversa, Brueghel scrisse al cardinale Borromeo che stava lavorando a un dipinto con un esuberante mazzo di fiori, costituito di piante scelte per la loro bellezza e rarità, dipinte dal vero a Bruxelles, nel parco degli Arciduchi Alberto e Isabella, al cui servizio si era messo da tempo, dove aveva potuto ammirare alcune specie estremamente rare. Una leggenda vuole che il pittore fiammingo avesse iniziato l’opera per donarla a una donna povera che non poteva permettersi di comprarne di veri. Sappiamo però che il dipinto, realizzato con la cura di un miniaturista, con pennelli finissimi e pennellate lucide e morbide che gli valsero il soprannome di Brueghel dei Velluti, entrò in possesso del cardinale che lo tenne tra le opere più care. Questa natura morta fa parte di un cospicuo nucleo di dipinti fiamminghi acquisiti da Federico Borromeo e che, grazie alla sua donazione, appartiene oggi all’Ambrosiana ed è considerata la più importante raccolta privata di dipinti fiamminghi in Italia. Borromeo amava la pittura di Brueghel e di Bril, poiché le loro opere, pur incentrate su soggetti naturalistici come paesaggi, nature morte, fiori, non perdevano di vista la dimensione religiosa, perché – come diceva il cardinal Federico – «Dio si rivela non solo nella storia sacra, ma anche nel grande e mirabile libro della natura e della creazione». In occasione dei quattrocento anni dalla morte di Brueghel, che si si spense nel 1625 a soli 57 anni, a causa del colera, la sala n. 7 dell’Ambrosiana, dedicata appunto ai fiamminghi, è stata riallestita grazie al sostegno di Intesa Sampaolo, su progetto degli architetti Alessandro Colombo e Paola Garbuglio. Le oltre trenta opere, tele, smalti su avorio, oli su rame e su vetro, un’acquasantiera in argento con miniature, opera dell’argentiere milanese Giovanni Battista Turati (il nome è riemerso con il recente restauro) collezionate dal cardinale Borromeo sia in gioventù, quando viveva a Roma, che durante il suo ministero milanese, sono state divise ed esposte privilegiando i nuclei dello stesso autore, allo scopo di «semplificare la narrazione e valorizzare le singole figure in modo più incisivo». Per le pareti è stato scelto un colore blu zaffiro, in accordo con la tavolozza delle opere. Al centro della sala, purtroppo un po’ invasivo, campeggia un dispositivo multimediale progettato da Black Srl con Limiteazero per offrire al pubblico un’esperienza conoscitiva supplementare. Tre schermi multimediali touch, inseriti in teche che nella forma riprendono le figure geometriche a più lati studiate e disegnate da Leonardo, consentono di accedere a immagini ad altissima risoluzione. Il visitatore può così “entrare” nelle opere, scoprirne dettagli con maggiore facilità (avendo sempre davanti il lavoro originale), leggere gli approfondimenti proposti, apprezzare la maestria dei fiamminghi nel riprodurre la realtà con precisione lenticolare, poiché ogni minimo dettaglio appartiene a un equilibrio universale. Come scriveva il cardinale Borromeo, «Brueghel sembra avere voluto vagare, pennello alla mano, attraverso tutta la creazione naturale».
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